Una ricerca artistica di Giacomo De Luca
L’Uo(v)mo Nuovo è una ricerca artistica ideata da Giacomo De Luca, basata su un concetto in continua evoluzione. Propone una ridefinizione della visione dell’essere umano nella società contemporanea, collocandolo simbolicamente sullo stesso piano dell’uovo, del pianeta e del cosmo. Mette in luce la profonda interconnessione tra questi elementi, aprendo un campo di riflessione sul senso di appartenenza, cura e responsabilità. L’obiettivo è esplorare, attraverso linguaggi e forme artistiche interdisciplinari, l’essenza dell’uovo come riflesso del NOI collettivo e de IL CORPO SOCIALE. Questo approccio intende affrontare le disuguaglianze sociali e ambientali, contribuendo al ristabilimento di un equilibrio necessario tra esseri viventi, tecnologia e ambiente. Il processo creativo mira a stimolare una nuova sensibilità e intelligenza collettiva, sottolineando l’urgenza di ripensare il nostro stare al mondo, attraverso l’arte come gesto consapevole e visionario.
Il termine “L’uo(v)mo nuovo” evoca il concetto di rinascita, legando il simbolismo dell’uovo all’idea di un nuovo essere umano: più sensibile, intelligente e relazionale. Le parentesi che racchiudono la lettera “v” in “uovo” evidenziano un processo di trasformazione evolutiva. La rimanenza del termine “mo”, isolata nella parola, suggerisce che questa trasformazione si compie nell’“adesso”, nel tempo presente, nel momento esatto in cui accade, nel mo', l'avverbio radicato nell’identità culturale del centro-sud Italia- pronunciato da uno dei maggiori uomini di teatro del mondo che spesso è stato paragonato ai futuristi: Carmelo Bene. Questa è la genesi di ((MO!)), il progetto che indaga la percezione sinestetica attraverso un’interazione innovativa e multidimensionale nel quale l'artista si riflette ne Il Corpo Futuristico nell’istante. Conferisce un senso di urgenza, vitalità e freschezza creativa, in contrasto con le derive stagnanti e regressive della contemporaneità.
La lettera “V”, racchiusa tra parentesi nella parola Uo(v)mo, non è un dettaglio grafico, ma un nucleo semantico e simbolico. È Visione, capacità di vedere oltre l’immediato. È Visionario, colui che immagina mondi altri e si fa tramite tra presente e possibile. È Vedere oltre, con sguardo espanso. È Va, invito al movimento, al distacco dall’immobilità; è Andare, attraversare, procedere verso. La “V” è dunque un vettore di trasformazione: spezza la parola, ma la amplia; la rende fragile e fertile, come una fenditura nel linguaggio da cui può nascere una nuova presenza, non lineare ma processuale, non dominante ma coesistente.
Nel XX secolo, il concetto di Uomo Nuovo è emerso come costrutto ideologico, soprattutto nel contesto post-bellico e fascista, celebrando un ideale di forza, disciplina, produttività e appartenenza allo Stato. Era una figura forgiata per l'omologazione, spesso legata a visioni autoritarie, belliciste, patriarcali, che rifiutavano la fragilità, l’individuo e l’alterità. L’Uo(v)mo Nuovo si pone in opposizione radicale a quella visione: non è un corpo addestrato per la guerra, ma un corpo in ascolto; non è un’icona di forza, ma un simbolo di trasformazione; non nasce per dominare, ma per abitare con delicatezza. Nel XXI secolo, segnato da crisi ambientali, conflitti armati, disuguaglianze crescenti, dipendenze sistemiche e ritorni autoritari mascherati da normalità, l’uo(v)mo nuovo si fa manifesto poetico e politico. È una figura artistica e archetipica che incarna la possibilità di un altro mondo, una postura sensibile, somatica e interdipendente, che attraversa il presente anziché combatterlo o negarlo.
La scelta di mantenere la parola “uomo” — e di trasformarla con l’intervento simbolico dell’“uovo” e della “V” — non è nostalgica né identitaria: è un gesto critico. L’Uo(v)mo Nuovo nasce dalla necessità di una profonda evoluzione spirituale, etica e relazionale. Non più padre-padrone, maschio dominante, specie al vertice della piramide: ma essere vivente tra gli altri, tra elementi, specie e forze invisibili. Non afferma il sé, ma lo mette in relazione; non è sopra, ma con. È un corpo-portale, che abita la complessità e non la domina. È una presenza contemporanea, non un’eco del passato: aperta, sensibile, porosa, interdipendente.
La mia infatuazione per l’uovo è nata in modo improvviso e istintivo, sorprendendomi e deviando inaspettatamente il corso della mia ricerca artistica. Questo incontro inatteso ha arricchito il mio percorso con una nuova sensibilità. L’Uovo, essere solo in apparenza semplice, rivela una complessità profonda, quasi misteriosa. Per la prima volta non è stato il corpo umano, né il suo movimento, a catturare il mio sguardo, ma l’essenza dell’uovo — la sua presenza, la sua fisicità, la sua carica simbolica. L’uovo è tutto e niente: origine e fine, fragilità e potenza, corpo e contenuto. Attraverso di esso, è nato l’Uo(v)mo Nuovo.
La ricerca ha avuto inizio con un lavoro d'archivio sul simbolismo dell’uovo. Leggendo testi che attraversano i secoli, dalle leggende ai riti, dai riferimenti spirituali alle interpretazioni mitologiche, ho sentito crescere una profonda curiosità verso la sua fisicità: una struttura compatta, resistente e al tempo stesso fragile. Questa ambivalenza mi ha profondamente coinvolto. L’uovo riflette, in modo quasi emotivo, aspetti dell’essere umano e delle sue vulnerabilità. Le sue caratteristiche mi portano a riflettere sulla nostra attuale posizione sul pianeta Terra e sulla connessione — antica e ancestrale — con l’universo. Biologicamente, l’uovo è simbolo di riproduzione: è un seme, un’origine, una nascita che dà vita e avvia un ciclo. È la maternità. Chimicamente, con il suo guscio resistente e dalle cromaticità variabili, richiama la pelle umana: un involucro che protegge il nucleo interno, avvolto da una calotta bianca che per me rappresenta una sublime purezza. È protezione. Al suo interno, troviamo componenti solide, liquide, trasparenti, gelatinose. Il tuorlo, con il suo colore vivace che richiama il sole, esprime un’energia vitale e intensa, lasciando dietro di sé una traccia visiva e olfattiva — un odore inconfondibile e invadente. Esteticamente, l’uovo possiede una bellezza unica. La sua capacità contenitiva racchiude un microcosmo che può essere conosciuto solo aprendolo e addentrandosi al suo interno — come accade nell’esplorazione dell’inconscio. In un certo senso, è come attraversare il suo corpo, sé stessi, e insieme il cosmo. Le sue proprietà naturali e nutritive, la sua straordinaria versatilità in cucina — con infinite modalità di cottura, consistenze, volumi, spessori, colori e dimensioni — ne rivelano l’unicità. La metamorfosi dell’uovo non si limita alla trasformazione alimentare o al suo ruolo nella natura come concime: se covato, genera nuova vita. Credo che l’uovo sia, di per sé, un essere straordinario. Affascinante sotto ogni punto di vista: estetico, spirituale, fisico. Personalmente, è qualcosa che non può non essere contemplato: un oggetto di riflessione profonda, anche in chiave socio-politica. In un certo senso, mi arresto davanti alla potenza dell’uovo, mostrandone l’esistenza ipnotica e, in qualche modo, elevandolo al di sopra dell’uomo: affinché possa essere pienamente ciò che è — vitalità, ispirazione, resilienza, sviluppo, rinascita.Forse è proprio per questo che, fin dai tempi antichi, l’uomo ha desiderato nutrirsi della sua energia. La mia azione, allora, diventa un rituale: un modo per esplorare sensorialmente la sua entità.
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GIACOMO DE LUCA
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